Il 21 giugno del 1940, primo giorno della” Campagna delle Alpi Occidentali” contro la Francia, il battaglione Alpini “SUSA”, comandato dal maggiore Costantino Boccalatte, compì un’azione memorabile: penetrare in territorio francese attraverso un’ardua discesa dal ghiacciaio del Rocciamelone e dalla valle del Ribon senza incontrare resistenza alcuna, eludere le difese nemiche e penetrare in territorio francese.
Il 10 giugno del 1940, Benito Mussolini annunciava al mondo, dal balcone di Palazzo Venezia in Roma, l’entrata in guerra dell’Italia fascista a fianco dell’alleato tedesco, contro Francia ed Inghilterra.
Dunque, la prima grande offensiva su vasta scala del Regio Esercito ebbe come teatro d’operazioni il settore alpino occidentale, lungo l’estesa frontiera italo-francese (dal Monte Bianco a Ventimiglia), che già negli anni precedenti lo scoppio del conflitto fu protagonista dello sviluppo, da ambo le parti, di un notevole sistema difensivo consistente in una serie di opere fortificate che prese il nome, rispettivamente, di “Vallo Alpino” in Italia e “Maginot Alpina” in Francia.
Scopo dell’offensiva italiana consisteva nel neutralizzare le postazioni ed i capisaldi difensivi nemici, al fine di poter penetrare, il più possibile, il dispositivo difensivo nemico ed occupare vaste aree di territorio al di là del confine.
Le forze italiane designate per l’attacco erano inquadrate all’interno del Gruppo Armate Ovest, comandato da S.A.R il Principe di Piemonte Umberto II, composto dalla 4^Armata (gen. Guzzoni), schierata nel settore compreso tra il Monte Bianco ed il monte Granero in Val Pellicce e dalla 1^ Armata (gen. Pintor) il cui settore si estendeva da quest’ultimo sino alla costa ligure: come si può evincere la condotta di un’operazione offensiva di questo tipo si rivelava al quanto difficoltosa, in virtù delle caratteristiche morfologiche del terreno, molto compartimentato e privo di spazi di manovra idonei a forze di tipo motorizzato/corazzato, delle variabili condizioni meteorologiche, che in quel mese di giugno portarono su tutta la fronte alpina precipitazioni nevose in quota ed un brusco calo delle temperature , anche di decine di gradi sotto lo zero, e dell’ottimo sistema difensivo francese caratterizzato dall’efficace controllo delle vie di comunicazione e facilitazione con opere e postazioni in dominio di quota che ,sfruttando un sapiente impiego del fuoco di artiglieria, dei mortai, delle armi controcarri e delle mitragliatrici in dotazione, garantivano un elevato potere d’arresto.
Il Battaglione “Susa” e l’XI Battaglione “Camicie Nere” costituenti quella che fu denominata “Colonna Boccalatte” erano inquadrati all’interno del 1° Corpo d’Armata del gen. Vecchiarelli schierato tra il Rocciamelone e l’abitato di Bardonecchia, al quale si contrapponevano la 66^ Division d’Infanterie , il 530° Groupe de Reconnaissance de Division d’Infanterie e sette SES (Section Eclaireures e Skieurs: unità di alta montagna con compiti di esplorazione e ricognizione).
I reparti d’artiglieria transalpini erano costituiti dal 9°,114° e 209° Regiment d’Artillerie de Position oltre le batterie dei vari forti presidianti la linea di confine e l’interna valle dell’Arc.
Il 21 giugno in tutto il settore venne impartito alle unità l’ordine di attacco, il cui movimento venne preceduto da un nutrito fuoco di preparazione dell’artiglieria avente come obbiettivo la neutralizzazione del fuoco di controbatteria delle opere fortificate avversarie; la prima unità a muovere fu quella del maggiore Boccalatte il cui compito era quello di discendere, attraverso il ghiacciaio del Rocciamelone, la valle del Ribon, aggirare le difese francesi del Moncenisio (particolarmente temibile risultava il forte della Petite Turra che con i suoi pezzi teneva sotto tiro la strada statale a cavaliere del colle) e puntare sull’abitato di Bessans per poi proseguire lo sforzo in profondità sino all’abitato di Lanslebourg per ricongiungersi con i reparti inquadrati nella Divisione di fanteria “Cagliari” provenienti dalla rotabile del Moncenisio. L’appoggio del fuoco di artiglieria era garantito da due batterie di obici da 75/13 (Gruppo “Aosta”) del 1° Reggimento Artiglieria da Montagna schierate, rispettivamente, alla crocetta del Rocciamelone (3.306 mt) e presso la vetta del monte Lamet (3.505 mt), quest’ultima trasportata in quota con immani difficoltà da parte degli stessi artiglieri che dovettero sfidare le pessime condizioni meteorologiche imperversanti sulla zona di schieramento tra cui una fitta coltre di nebbia limitante alquanto l’osservazione e l’erogazione del fuoco. Il battaglione, in pieno assetto da combattimento, attraverso un’estenuante marcia durata più di dodici ore, discese il ghiacciaio del Rocciamelone, percorse la valle del Ribon, senza ingaggiare scontri col nemico (infatti le unità SES, stanziate a Bessans, avevano gia ripiegato su ordine del loro comando superiore) e si accampò presso le grange dell’Arcelle, da cui il giorno dopo avrebbe ripreso il movimento per raggiungere l’abitato di Bessans, già precedentemente evacuato dalla popolazione civile, e puntare poi su Lanslebourg. Tale manovra, sicuramente di valore più alpinistico che militare, suscitò grande scalpore ed ammirazione nei comandi militari, sia italiani che transalpini, nonché negli organi di stampa nazionali che subito divulgarono la notizia, come il quotidiano cattolico “L’Italia” che citò infatti con un articolo, a piena pagina, l’epica impresa del “Susa”, senza contare poi che le stesse fonti militari francesi avrebbero affermato in seguito che mai si sarebbero aspettati un movimento da parte di un reparto organico di tale entità, attraverso un terreno così impervio e di alta montagna, quale era appunto il ghiacciaio del Rocciamelone. Nella stesura del suo rapporto, il maggiore Boccalatte, per sottolineare la sorpresa suscitata nei comandi francesi a seguito della sua azione, scrisse che essi erano convinti che la colonna fosse un loro reparto e, per tanto, nessun pezzo d’artiglieria del Petite Turra e delle altre postazioni aprì il fuoco su di loro (Relazione del Comandante del Battaglione, depositata presso l’Archivio Storico della Stato Maggiore-AUSSME-dell’Esercito in Roma 1947).
Un plotone di Alpini durante la difficile avanzata in terreno di alta montagna
Tale impresa risultò possibile grazie alla grande perizia e alle capacità tecnico-tattiche del comandante, già provetto alpinista, ed alla tempra dei suoi valorosi alpini, temprati alle asprezze ed ai pericoli della montagna (quasi tutti originari della Valsusa) e grandi conoscitori del Rocciamelone e delle altre cime della valle. Per questo, ad operazioni concluse, il maggiore Boccalatte, presso l’abitato di Termignon, ricevette i compiacimenti del Principe di Piemonte, Umberto II che volle, personalmente, congratularsi con lui in occasione dell’ispezione alle truppe.
(Testo di Davide Corona)